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diario di viggio: 
Perù, Odissea verso la Selva

Jose' Tralli

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Anche stamattina sveglia con calma, la partenza è prevista intorno alle 9:30 circa, ma sarà l'agitazione di andare in un ambiente per noi così nuovo, così sconosciuto e così misterioso, che dopo la colazione di rito dove si è mangiato come se non ci fosse un domani siamo tutti pronti in men che non si dica. Nessuno di noi viaggiatori ha mai esternato pensieri o aspettative sulla selva, nemmeno a casa, io e la coccolina, ne abbiamo mai parlato tanto se non in termini di: oddio, che cosa ci aspetterà? Inutile dire che il buon Paolo ci ha tranquillizzati in ogni modo e maniera. Ma si sa, quando parti per un posto a te così estraneo, o almeno, questo è quel che ti aspetti, non puoi fare a meno di essere un po' ansioso, un po' agitato, ed anche molto elettrizzato. Spero solo che non ci aspettiamo troppo dalla povera selva. Intanto mentre siamo a far colazione sentiamo provenire dalle finestre il suono di una fanfara. Non lo abbiamo detto, ma il nostro hotel è praticamente di fronte alla gendarmeria. Ed intanto che aspettiamo approfittiamo di questo tempo per mandare un messaggino di auguri a un caro amico che fa gli anni fra due giorni, ma noi saremo nella selva, niente segnale del cellulare, né telefonate, né tantomeno messaggi via whatsapp. E la corrente elettrica? Saremo sprovvisti anche di quella? Oppure nel frattempo l'avranno avuta anche nella foresta? Paolo ci vede irrequieti e così ci porta a fare un giretto fuori per distrarci mentre aspettiamo Walter, l'indigeno che arriva da Lima e torna nella sua foresta con noi. Io esco con Paolo mentre la coccolina e Mirella se la stanno a chiacchierare in camera. Fuori si sta benissimo, fa caldo, anche troppo, ma dopo il freddo che ci siamo presi, devo dire che anche per me è una piacevole sensazione. E girando intorno all'isolato dell'albergo finiamo in un negozietto. Linda ne approfitta per vedere una cosa, ma intanto che guarda per se non può fare a meno di notare che c'è l'alberello di pietre dure che tanto ingolosiva Mirella fare bella mostra di se su uno scaffale. Decidiamo di prenderlo, stiamo parlando di 4 euro circa, se ricordo bene il prezzo. Ed infatti appena torniamo in camera dalle fanciulle a Mirella spunta un sorriso luminoso carico di entusiasmo. Mirella archivia l'alberello al sicuro, noi tutti archiviamo i bagagli grossi che rimarranno qui, nel nostro alberghetto ad attendere il nostro ritorno sabato sera. La coccolina si droga di Brufen per cercare di acquietare il male alla spalla, poi usciamo tutti dalle fredde stanze per raggiungere il pulmino, o meglio, Walter, che è da solo senza pulmino... quello sta arrivando. Ma intanto fuori è piacevole e da quel poco che vediamo ancora prima di salire sul pulmino Walter è sicuramente un tipo di poche parole. Robusto, di statura normale, non è certo l'indiano enorme che forse ci aspettiamo, almeno io di sicuro me lo aspettavo più gigantesco. Però ha capelli lunghi ed i tratti somatici proprio da indiano come siamo abituati a vederli noi. Nel frattempo arriva Richard, il nostro autista col pulmino che si dovrà sorbire l'attraversata su dalle Ande fin giù nella selva. Partiamo! Ma dopo 500 metri ci fermiamo perchè Walter scende. Ovviamente ci chiediamo, ma sono affari suoi. Avrà una commissione da fare. Questo è molto comune per chi viaggia dalla selva alle Ande e ritorno, e noi che speravamo di essere già arrivati. Ma di nuovo lasciamo pian pianino Cusco. Nei pressi di un dissuasore ci fermiamo per comprare un paio di pani giganteschi da portare agli indigeni che ci ospiteranno. Inizialmente il programma che dovevamo seguire era leggermente diverso, nella selva ci saremmo dovuti arrivare domani, fermandoci una notte a Pilcopata, ma dal momento che ci sono i festeggiamenti per il quarantaquattresimo anniversario della 10 piccola comunità di Queros, il luogo dove siamo diretti, siamo stati in qualche modo invitati anche noi a partecipare, quindi, invece di pernottare stasera a Pilcopata e andare a Queros domani, arriveremo direttamente stasera dormendo nella foresta una notte in più. Ma ci presentiamo a mani vuote? Cosa possiamo portare? A questo interrogativo fa intendere Walter che vuol fermarsi per comprare il succitato pane, se vogliamo contribuire la cosa è ben gradita. E così sia. Le costruzioni si diradano lasciando ancora una volta il posto ad un paesaggio piuttosto brullo. Non c'è più niente quasi che ci faccia capire che apparteniamo ad una civiltà. Anche le chiacchiere in pulmino si affievoliscono e regna quasi soltanto il sottofondo musicale di motivetti che sono caratteristici della selva. Paolo di tanto in tanto fornisce qualche descrizione, qualche spiegazione, ma l'unico sveglio penso di essere rimasto io che sto cercando di godermi ogni singola curva, ogni singolo strapiombo che vedo aprirsi sotto di noi per mostrarmi un panorama incantevole. Certo che, vedere tutti quei metri di salto là sotto non è che proprio non faccia effetto.

Ad un certo punto poi Paolo ci dice che a questo bivio ci siamo stati quando siamo andati a Puno, solo che l'altra volta abbiamo preso l'altra direzione. Un distratto coro di assensi replica ma poi torna il silenzio e rimaniamo soltanto io e Paolo. Cerchiamo di capire l'altitudine usando la bussola del mio telefono. In effetti, dovremo salire fino quasi a 4000 metri, per poi ridiscendere e poi risalire ancora, ed infine scendere giù giù giù fagocitati dalla moltitudine di vegetazione amazzonica. Di tanto in tanto vediamo massi ai lati della strada con pendii che lasciano intravedere le erosioni di frane passate. Paolo racconta che qui se c'è una frana, l'unica cosa che puoi fare è di aspettare che vengano a liberare la strada, che comunque un po' tutti come si può si cerca di dare una mano. Ed intanto le curve dietro di noi lasciano sempre più indietro la civiltà della città dalla quale ci stiamo allontanando. Non so perchè, ma mi viene da incrociare le dita man mano che anche le auto che incrociamo si fanno sempre più rade. Una strada sterrata prende il posto di quella dissestata ma asfaltata che abbiamo percorso fino ad ora, e fin da subito diventa evidente che gli appisolati saranno ben scossi dal loro sonno. Il primo pensiero va alla coccolina che non è propriamente amante dei viaggi lunghi in auto, ma pare che i braccialetti per il mal d'auto funzionino per il momento. Un bel pezzo di strada sterrata tra boschi che di tanto in tanto si fanno più radi e ci fanno intravedere vallate, poi, finalmente, a circa 2 ore di viaggio da Cusco (circa a mezzogiorno) entriamo in un paesino. Subito però risulta evidente che non ne usciremo molto in fretta. Indovinate un po'? Ricordate quei comitati elettorali... ecco, siamo finiti proprio in mezzo ad uno di questi cortei. Un fiume di persone calca le stradine del paese. Chi porta bandiere, chi fischia, ma il tutto in linea generale si svolge in una modalità molto tranquilla. Paolo inizia a descriverci che sta vedendo camion pieni di gente, persone che si sono fatte portare nel paese per partecipare a questo evento politico. Ci tengono molto alla alla vita politica del paese, ognuno ha un partito per cui caldeggiare. Ed anche se sono loro stessi a dire: "andiamo a votare i nuovi ladroni", l'evento assume la connotazione di una festa. A velocità di lumaca ci addentriamo sempre di più nel paese, abbastanza grande in verità, ma siamo in coda. Davanti altre macchine stanno aspettando uno spiraglio per poter proseguire. Nessuno suona, nessuno inveisce o urla. Tutti sono calmissimi. Poi ad un certo punto scendono dal pulmino sia Walter che l'autista, Richard, lasciando le portiere aperte per andare poco più avanti a cercar di capire se ci sia qualche possibilità di fuga. Poi l'autista torna, mentre il nostro accompagnatore che ci introdurrà alla comunità di Queros ancora non si vede. E continuiamo a procedere a passo d'uomo. Altri camion scaricano altri partecipanti. Ad un certo punto, fermi come siamo, scendono prima Linda e poi Paolo, e ci aspettiamo di vederli ricomparire con una bandiera per prendere parte al corteo. Passiamo un sacco di tempo così, per fare una via che sarà lunga 500 metri, forse, probabilmente ci abbiamo impiegato un'ora. Poi, finalmente, pare che qualche metro in più lo si inizi a fare, pare che la velocità inizi a diventare leggermente più sostenuta, e finalmente, stanchi di stare in colonna usciamo dal villaggio per riprendere la nostra strada sterrata piena di curve e tornanti. Nel frattempo, prima che il cammino diventasse di nuovo più sostenuto, abbiamo recuperato anche il nostro indigeno compagno di viaggio, Walter, che ci ha aspettato più avanti. Qui in effetti incrociamo auto, moto, ma anche qualche camion carico di persone che si dirigono nel paese da cui noi siamo appena riusciti a fuggire. Ed intanto iniziamo a scendere, circondati da alberi, ma questo è niente. Si tratta soltanto di bosco. Inizia anche a piovere e un cielo grigio plumbeo ci accompagna e ci fa sperare che non diventi pioggia torrenziale rallentando così la nostra marcia. E sarebbe anche ora di un pipì stop... ma fermarsi lungo questa strada è impossibile. Walter chiede se proprio non possiamo resistere. Tra una ventina di minuti arriviamo a Paucartambo, il prossimo centro abitato dove ci fermeremo per mangiare e per le altre necessità. I 20 minuti diventano in effetti 40, e sotto una pioggia che sempre di più aumenta raggiungiamo finalmente un altro insediamento di civiltà dove ci fermiamo finalmente per i tanto sospirati bisogni fisiologici ed anche per sgranchire un po' le gambe. Il tragitto dal pulmino al ristorante è corto, ciò nonostante siamo costretti ad indossare i k-way, e Paolo con Mirella fa un po' di acrobazie per portarla dentro al ristorante senza che si bagni troppo, aiutandola, cercando di farle fare le strade meno scomode possibili.

Poi al riparo di una enorme tenda, una enorme capanna di legno e teli ci godiamo il cantare della pioggia che scende a dirotto.

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